IL DOLORE CRONICO

Fino a pochi anni fa l’interpretazione dei sintomi e dei segni clinici nell’ambito della terapia manuale si basava principalmente sulla teoria della specificità, cosi come su modelli biomeccanici ed orientati sugli aspetti articolari, piuttosto che tissutali (ovvero a tale sintomo corrispondeva una diagnosi). Però i risultati della ricerca degli ultimi 10 anni hanno evidenziato una serie di errori inequivocabili nel ragionamento di questi paradigmi. I pazienti con problemi neuro-muscolo-scheletrici vengono ora inquadrati in una prospettiva più ampia, multidimensionale, che include la sofferenza, la disabilità, l’esperienza di malattia ed il conseguente comportamento del paziente. il MOM (Mature Organism Model) illustra al meglio questo nuovo paradigma: la base di questo modello è rappresentata dall’uomo come essere biologico, che per la sua sopravvivenza ha sviluppato una serie di meccanismi di prova, analisi e reazione. La disposizione circolare di questi meccanismi forma anche la cornice concettuale di riferimento per i processi dolorosi, che attraverso la suddivisione in meccanismi di input, elaborazione e output si possono inserire in un contesto biologico, che presenta molteplici aspetti. Nel trattare il dolore cronico ci concentreremo soprattutto in quei processi di elaborazione degli stimoli periferici che avvengono nel nostro SNC.

 

I MECCANISMI CENTRALI DEL DOLORE

Le reazioni alle lesioni tissutali ed il conseguente decorso di guarigione possono essere molto differenti. Spesso questa moltitudine di reazioni non è legata solo ai normali processi di riparazione, ma anche e soprattutto a meccanismi alterati di elaborazione del nostro Sistema Nervoso Centrale (SNC). La reazione in seguito ad un determinato input cambia in modo dinamico e rapido, perciò non esiste un modello stimoloreazione fisso. I meccanismi neurobiologici coinvolti sono molto complessi, questi spiegano, che il Sistema Nervoso Centrale (SNC) non è un ricevitore passivo per le informazioni in entrata, ma che esso le elabora attivamente.

  • Modalità controllata: tutto è in equilibrio e sotto controllo. Vige lo stato di normalità, per il quale sono tipiche le seguenti caratteristiche: input = output. Un input debole e innocuo viene correttamente distinto da un input doloroso. Alla stessa maniera una contusione o il contatto con un oggetto incandescente porta a delle reazioni dolorose fisiologiche. Reazioni che ci permettono di adattarci e di proteggerci dai pericoli.
  • Modalità soppressa: con questa modalità lo stimolo in entrata, anche se è collegato a chiare o potenziali lesioni del tessuto (quindi danni gravi di una certa importanza) viene filtrato e più o meno considerato dal nostro cervello. Grazie all’attività di alcune zone del nostro SNC (sistemi binari discendenti provenienti dal mesencefalo, dal ponte e dal midollo allungato oltre che ad una modulazione locale a livello del corno posteriore) ci è possibile inibire quel forte stimolo che ci giunge dalla periferia e considerarlo solo in un secondo momento. L’esempio più classico di questo fenomeno è quando ci feriamo durante un’attività della vita quotidiana o durante un’attività sportiva o addirittura in situazioni di pericolo, ma al contempo la nostra attenzione è focalizzata su qualcosa di più importante. Spesso i dolori legati alla lesione insorgono solo quando il contesto è cambiato (anche a distanza di parecchie ore) e noi abbiamo la possibilità, a pericolo passato, di far convergere la nostra attenzione consapevolmente sulla lesione.
  • Modalità sensibilizzata: in questa situazione il sistema nervoso, che nelle altre modalità fungeva da “protezione”, è regolato su uno stato d’allarme più elevato. Questa ipersensibilità può essere o la conseguenza di un’aumentata corrente periferica in entrata oppure può esser legata ad una patologia propria del SNC (sclerosi multipla, mielopatia, tumore, ecc.). In questo caso l’input periferico viene generalmente intensificato (iperalgesia primaria e secondaria).

Normalmente i cambiamenti neurobiologici che avvengono nel nostro SNC in risposta ad uno stimolo periferico rappresentano una possibilità per proteggersi e proteggerci. L’elevazione dello stato di allerta segnala da una parte la presenza di una lesione del tessuto in periferia (frattura, taglio, contusione), ma dall’altra anche un possibile fattore di rischio più elevato, che viene registrato e gestito da meccanismi di elaborazione più alti a livello cerebrale.
Nel caso di una comune lesione si assiste ad una delle modalità appena elencate (controllata, soppressa e sensibilizzata) in cui stati di maggiore o minore sensibilizzazione delle strutture deputate all’elaborazione del dolore concorrono alla guarigione dei tessuti. Tutti questi processi e modalità sono passeggere e reversibili.
In alcuni casi però, i meccanismi di elaborazione nervosa centrale reagiscono spesso con un’eccitabilità amplificata, una cosiddetta “sensibilizzazione centrale”.

In una situazione simile, i dolori e la guarigione dei tessuti si sganciano; nonostante il tessuto abbia completato la sua fisiologica guarigione, la sensibilizzazione permane. Questa variabilità di risposta si può creare a causa dell’input multidimensionale, ovvero oltre all’input fisico, possono essere coinvolti anche fattori cognitivi, emotivi o comportamentali.

Questo tipo di disturbi cronicizzanti si accompagna a reazioni di adattamento negative del SNC:

  • Perdita dell’inibizione;
  • Cambiamenti delle rappresentazioni neurali centrali: i diversi livelli del SNC possiedono rappresentazioni delle regioni, delle funzioni e dei tessuti corporei; questa rappresentazione virtuale del nostro corpo viene definita “Homunculus Sensoriale”. I risultati delle ricerche confermano che tale struttura presenta una sorprendente plasticità in relazione agli stimoli esterni (uso nella vita quotidiana), ai processi di apprendimento, ma anche alle esperienze col dolore. In condizioni patologiche è stata dimostrata una significativa riorganizzazione di questa zona nel senso di un rimpicciolimento, di un ingrandimento o di una sfumatura delle rappresentazioni.
  • Formazione di una memoria del dolore: in seguito ad una percezione del dolore persistente, degli input sensoriali innocui possono risvegliare esperienze già vissute in passato. Oppure certe posizioni o determinati movimenti catalogati come dolorosi, indipendentemente dalla guarigione del tessuto precedentemente interessato, rievocheranno comunque dolore.

 

PRESENTAZIONE CLINICA

Nel caso di molti pazienti i referti neuro-muscolo-scheletrici sono piuttosto scarsi, talvolta anche eccessivi o poco chiari. Manca quindi la base per una definizione e classificazione diagnostica chiara. Si tratta di sindromi come la fibromialgia, il mal di schiena aspecifico, e tutte quelle situazioni che vengono definite: sindromi dolorose funzionali.

Comportamento:

  • farmaci: spesso i pazienti assumono da molto tempo una moltitudine di farmaci, anche se i sintomi solitamente rispondono male ai FANS.
  • dolori: i pazienti riferiscono dolori spontanei o parossistici (tipo attacco improvviso), peggioramenti improvvisi o una ricomparsa dei sintomi senza un evidente motivo.
  • nessun modello reattivo: non esiste alcuna relazione stimolo-risposta chiara e diretta; il modello reattivo per quanto riguarda il movimento e la posizione è caratterizzato da un comportamento non-meccanico ed imprevedibile.
  • fattori psico-sociali: il quadro è caratterizzato da significanti fattori psico-sociali che, è dimostrato, contribuiscono alla cronicizzazione del problema. Per esempio, le convinzioni del paziente (specialmente riguardo alla presunte cause del problema), il comportamento di paura e fuga, l’aumentata concentrazione su se stesso, un atteggiamento passivo durante la riabilitazione ecc.

Storia
Il decorso è caratterizzato da sintomi persistenti, che perdurano oltre il tempo di guarigione presunto. Il più delle volte la storia in anamnesi evidenzia il carattere cronico dei sintomi e fornisce al ragionamento clinico gli indizi sullo sviluppo dei rispettivi meccanismi di dolore dominante o coinvolti.

  • Comportamento ciclico stagionale
  • Un dolore, che in origine era locale, con il tempo può iniziare ad estendersi
  • Intrapresi già molti tentativi terapeutici che non hanno prodotto alcun sollievo o solo temporaneo.
  • Le reazioni ai trattamenti non sono prevedibili. Il trattamento apparentemente efficace di una seduta precedente si può rilevare esser stato inefficace o addirittura nocivo nella seduta successiva

 

TRATTAMENTO E POSSIBILITA’ TERAPEUTICHE

In base alla comprensione attuale delle sindromi dolorose croniche, il management al giorno d’oggi è orientato a dare la possibilità ai pazienti di controllare sempre di più l’output in risposta del SNC. All’interno di questi programmi terapeutici multidimensionali la spiegazione del compito terapeutico rappresenta una premessa essenziale per la collaborazione attiva e la motivazione del paziente. Inoltre assieme al paziente devono esser definiti un contesto terapeutico ed un orizzonte temporale per il trattamento. Il paziente e il terapista identificano degli obiettivi significativi rispetto alle funzioni, in modo che il trattamento non sia ne focalizzato sull’assenza di dolore, ne orientato principalmente verso il sintomo. In conclusione:

  • Spiegazioni terapeutiche: la spiegazione dello stesso processo di elaborazione del dolore è in grado di smorzare l’attività cerebrale anormale
  • Educazione alle strategie attive di superamento: per esempio determinate strategie di rilassamento che possono esser facilmente integrate nella vita quotidiana
  • Aumento della caricabilità: per aumentare lentamente e progressivamente la caricabilità indirizzata alle richieste ed alle esigenze funzionali
  • Management delle disfunzioni periferiche specifiche: terapia manuale, allenamento per il controllo motorio, neurodinamiche, ecc.
  • Management delle disfunzioni generali: miglioramento del fitness generale

 

I MECCANISMI FISIOPATOLOGICI DEL DOLORE

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  • Meccanismi nocicettivi, la nocicezione corrisponde all’eccitazione delle fibre A delta C. differisce dal dolore e non si correla necessariamente con esso. Quando la nocicezione contribuisce al dolore (spesso si parla di dolore nocicettivo), significa che ai sintomi contribuiscono in maniera significativa i processi che si verificano nei tessuti innervati. Ad esempio un muscolo o
    un’articolazione possono meccanicamente o chimicamente (infiammazione) dare inizio ad un impulso che, se il cervello trova sufficientemente interessante o degno di esser considerato, può esser strutturato sotto forma di sensazione o di dolore.
  • Meccanismi neurogenici periferici, significa che ai sintomi percepiti contribuiscono processi che coinvolgono i tessuti neurali “al di fuori” delle corna dorsali del midollo
    spinale. ad esempio, stimoli provenienti da intrappolamenti dei nervi periferici, o da neuromi nei nervi che innervano la dura madre (sinuvertebrali).I sintomi da radice nervosa
    (radicolari) sono inclusi in questa categoria.

ELABORAZIONE

Qui i sintomi sono dovuti maggiormente alle alterazioni nel sistema nervoso centrale correlati alla plasticità sinaptica. Il midollo e i tessuti neurali del cervello hanno una rappresentazione del nostro corpo, e possono diventare una sorgente di sintomi senza la presenza di input periferico e/o amplificando l’input periferico. I sintomi possono non comportarsi con la consueta predicibilità stimolo/risposta notate nella maggior parte dei “dolori nocicettivi” o in parecchi dolori neurogenici. Ad esempio: fitte improvvise senza motivo apparente, dolore imprevedibile, dolori che sostanzialmente “hanno una vita loro”. Tutti i sintomi che appartengono a questa categoria sono fortemente influenzati da ciò di cui il paziente è convinto (dimensione cognitiva), e sente (dimensione affettiva) riguardo al suo problema, ma particolarmente nel caso siano più correlate all’elaborazione centrale.

OUTPUT

Si considera meccanismi efferenti del sistema nervoso e del loro potenziale per quanto riguarda l’insorgenza ed il mantenimento di disfunzioni e di dolori. Il punto centrale è rappresentato dalla funzione del sistema nervoso vegetativo: (simpatico, parasimpatico, neuroimmunologico, motorio, sistemi discendenti di controllo dei processi dolorosi) A causa delle interazioni tra questi vari sistemi durante le reazioni da stress vengono liberate delle sostanze in risposta , che nel caso di un’attivazione persistente posso iniziare un processo di autodstruzione dei tessuti. (cortisolo, che inibisce la guarigione dalle ferite). Quindi dipendentemente dal contesto in cui si trova una persona e dallo stato di attivazione dei vari sistemi, il sistema nervoso simpatico può influenzare fortemente la durata e l’intensità del dolore cosi come altre funzioni neurovegetative.

Michele Danesin e Antonio Avitabile
Fisioterapisti del Centro di Riabilitazione Elisabeth Muller