Quanto può aspettare vostro figlio? La precocità dell’intervento logopedico in età evolutiva

Il linguaggio è la “facoltà mentale che consiste nella capacità di codificare il pensiero”.
È dunque una forma di comunicazione verbale, alla pari e integrativa a quella non verbale, grazie alla quale ci mettiamo in relazione, creiamo ponti sospesi tra il nostro mondo interiore e quello esteriore. Diventa uno strumento fondamentale per poter vivere ed interagire con altre persone ed esprimere le nostre emozioni e i nostri pensieri.
Ma cosa succede se il bambino non fosse in grado di utilizzare il linguaggio al massimo delle sue potenzialità? Come riconoscere le difficoltà linguistiche? Come poter stimolare la crescita linguistica? Questi dubbi sono frequenti in tutti i genitori. E la risposta è semplice, si nasconde nello sviluppo tipico del linguaggio.
Il linguaggio verbale presenta diversi stadi di sviluppo. Una prima fase dello sviluppo comunicativo (o fase pre-linguistica) vede il manifestarsi dell’intenzionalità, della richiesta di oggetti con produzione di suoni e gesti entro i 12 mesi. Segue una fase linguistica con la produzione dei primi vocalizzi, della lallazione e successivamente di parole. Verso il primo anno di vita il bambino comincia a nominare le prime parole, ai 18 mesi ne produrrà circa 50, e da questo momento il ritmo di acquisizione di nuovi termini aumenta esponenzialmente. Entro i 24 mesi il bambino sviluppa la capacità di combinare due o più parole, formando le prime frasi. Nel terzo anno di vita, fino ai 4 anni, la frase si stabilizza e diventa mano a mano più complessa, tutti i suoni della lingua italiana sono presenti e corretti.
Viene di seguito riportata una tabella con le principali tappe dello sviluppo linguistico del bambino che, se non acquisite correttamente o nelle finestre temporali adeguate, possono portare ad un ritardo o un disturbo di linguaggio. Una mancata corrispondenza nello sviluppo dovrebbe costituire un campanello d’allarme per il manifestarsi di disordini in ambito linguistico.
Nasce quindi spontanea la risposta alla domanda provocatoria del titolo. Quanto può aspettare mio figlio?
Il bambino deve rispettare le tappe dello sviluppo linguistico e, non appena si discosta o emergono delle difficoltà, è sempre bene porre attenzione al problema. Soprattutto in fase prescolare (3-6 anni), ma anche prima dei 3 anni, ci sono affidabili strumenti, test e questionari ai genitori in grado di determinare se vi siano i presupposti per un ritardo di linguaggio.
L’individuazione tempestiva di queste difficoltà è di cruciale importanza per prevenire la loro evoluzione in un disturbo di linguaggio e, in età scolare, in un possibile disturbo di apprendimento.
La cosa importante è rivolgersi ad uno specialista della comunicazione per un’osservazione e un monitoraggio precoce dell’andamento linguistico. Il ruolo del logopedista in questo momento è quello di seguire il bambino e il suo sviluppo linguistico, e fornire alla famiglia tutti i consigli su come gestire le difficoltà comunicative del figlio.
I vantaggi di un intervento precoce sono numerosi e la sua rilevanza è ricordata anche dalla presidente della FLI Triveneto (Federazione Logopedisti Italiani Triveneto) Tiziana Rossetto,
“quando i genitori si accorgono che un bambino non evolve il suo vocabolario, non sembra capire o comprendere i suoi messaggi verbali, non comunica e si isola, sono tutti indicatori che prima dei 36 mesi devono allertare e far emergere l’esigenza di ricorrere ad una valutazione specialistica, la tempestività e quindi la precocità dell’intervento è indicata a prescindere che il disturbo sia specifico o secondario ad altre cose.” Anche nel caso, dunque, di disturbi di linguaggio inseriti in un quadro clinico più complesso è importante affrontare in tempo la difficoltà. A maggior ragione quando la patologia è presente fin dalla nascita (come un’ipoacusia, una condizione sindromica o neurologica derivata da condizioni neo-natali o congenite).
Innanzitutto intervenire precocemente significa avere risultati più rapidi e migliori, con risparmio di tempi, energie (e denaro) che in un secondo momento verrebbero aumentati. Aspettare per paura di un confronto significa mettere a rischio la qualità dell’intervento e far perdere tempo prezioso al bambino. La plasticità neuronale dei bambini e la loro capacità di riorganizzare, modellare e integrare i processi cognitivi si riducono con la crescita. Correggere un difetto linguistico e impostarne uno corretto è più difficile quanto più esso è consolidato e stabilizzato. Più si aspetta, più complicato sarà avere esiti positivi a parità di sforzi.
Da non sottovalutare è inoltre l’aspetto psicologico che ne consegue. Temporeggiare implica aumentare la consapevolezza della difficoltà nel bambino, ampliare il gap di performance con i coetanei e, conseguentemente, il livello di ansia e frustrazione. Comunicare ed esprimersi diventa un’esperienza negativa, il bambino tenderà a ridurre al minimo i contatti con l’esterno, percepito come perfetto e diverso da Sé, che invece appare “sbagliato”. Sostenere fin da subito uno sviluppo lento o atipico del linguaggio riduce il rischio di isolamento e l’instaurarsi di deficit secondari, soprattutto a carico dell’ambito emotivo e relazionale.
Ulteriore beneficio di un intervento precoce è la creazione di un clima sereno in famiglia, poiché i genitori conoscono le modalità comunicative migliori da adottare e come poter aiutare al meglio il loro figlio. Spesso il senso di impotenza dei genitori schiaccia ogni tentativo di aiuto. Un supporto logopedico prevede anche un counseling alla famiglia, fornisce informazioni, suggerisce attività o modalità comunicative da sperimentare. I genitori rappresentano la scintilla di questo cambiamento.
Loro vivono il bambino ogni giorno, sono il suo punto di riferimento. Il cambiamento parte anche da loro… dalla prima telefonata!

Valentina Rigato
Logopedista del Centro di Riabilitazione Elisabeth Muller