Molti pazienti arrivano alla nostra osservazione e valutazione e spesso vengono da Centri di riabilitazione spesso chiamati di “eccellenza”.
In qualche maniera notiamo che:
- in fase valutativa, i pazienti non vengono informati su quanto noi consideriamo positivo o negativo e sulla modalità che ha il nostro cervello di apprendere e di imparare (non ci vuole una lezione magistrale, ma spiegare in parole povere le modalità basiche);
- forse è bene chiedere al paziente COSA vorrebbe come primo obbiettivo di recupero, così noi possiamo considerarlo nel nostro piano terapeutico, spiegando i vari step successivi. È importante avere ben in mente un piano riabilitativo, ossia le varie fasi di svolgimento del piano. Così si può anche spiegare che non sono i terapisti ed il padre eterno che fanno tutto, ma che lui, paziente, durante il giorno deve fare i suoi “compiti” e solo così l’iter terapeutico può avere successo;
- la deambulazione non dovrebbe mai essere la priorità, perché se imparano a camminare in un certo modo e con degli ausili probabilmente si è costretti ad accettare fin dall’inizio dei compromessi (forse prima o dopo dobbiamo accettarli, ma non da subito);
- la deambulazione ha bisogno di prerequisiti indispensabili:
Ossia:
– controllo del tronco;
– una stazione eretta corretta;
– tono muscolare sufficiente per reggere e reagire con la costante della gravità;
– avere la pazienza sufficiente (sia da parte del paziente che del terapista).
- Il braccio, parte più difficile, viene spesso dimenticato a favore della deambulazione e così la spalla è spesso in uno stato di sublussazione, dolente ed ignorata. Quando subentrano troppi fattori negativi il braccio non avrà più nessuna possibilità. Forse tutte le braccia plegiche hanno meno possibilità, ma posizionandole e coinvolgendole diventeranno un arto meno dolente, meno ipertonico e arriveranno a delle funzioni come arto di supporto o attività bimanuali.
E’ bene che il paziente sappia che ci vuole molto tempo e pazienza da parte di TUTTI.
Elisabeth Muller Veronese