Come in tutte le evoluzioni ci sono aspetti che cambiano sia in positivo che in negativo, visioni diverse ed aspettative diverse, ma una cosa rimane: l’UOMO vuole muoversi, agire e finalizzare.
Molti dei nostri pazienti sono in difficoltà motoria, psicologica e sociale; restano relegati nella loro realtà, non riescono più a gestire la propria persona ed il mondo circostante ed è una situazione frustrante.
La riabilitazione odierna è concepita ormai a compartimenti stagni; ogni professionista cerca di aggiungere un pezzetto al mosaico, agisce su un comparto, ma il paziente è un insieme complesso, in cui la persona sta al centro e deve riacquistare la propria identità e dignità.
Credo che la figura del riabilitatore, che include molti aspetti del recupero, sia preziosa: ogni movimento richiede sempre una motivazione, delle capacità neuromotorie e cognitive, la sensibilità; un insieme complesso per arrivare ad un feedback positivo. Solo così l’uomo e soprattutto il paziente è motivato a continuare il suo iter riabilitativo. Troppo spesso ci sono proposte a sé stanti, che non fanno intravedere un azione propria verso delle finalità funzionali. Sono proprio le funzioni con il loro feedback che fanno sì che il paziente impari a modulare, correggere per poi arrivare al feedforward, ossia essere già preparato all’azione che arriverà.
Senz’altro è importante anche l’allenamento, ossia arrivare a delle prestazioni sempre migliori sia come qualità che per durata, non credo che 4 passi lenti e faticosi si possano chiamare CAMMINARE /DEAMBULARE. Anch’essi possono essere importanti, a seconda del caso, del danno e dell’età, per poter raggiungere il bagno o per spostamenti limitati.
Mirare in alto non è mai sbagliato, ma superare la soglia delle proprie capacità è frustrante e porta a dei risultati che nessun riabilitatore vorrebbe, come reazioni associate, spasticità, paura e perfino rifiuto. La giusta soglia è importante e così diventa ancora più importante un ACCURATA VALUTAZIONE CON DELLE SEQUENZE CORRETTE, ossia preparare ogni gesto o attività verso lo step successivo,- e questo sia nella singola seduta che nel piano terapeutico. Non ci vuole solo una chiara visione del caso e degli obiettivi, ma anche una buona manualità, come una grande capacità di osservazione. Osservando, si può valutare la qualità dell’ esecuzione dell’azione del paziente, come valutare le proprie proposte terapeutiche e la propria manualità. NON E’ MAI COLPA DEL PAZIENTE SE UN’ AZIONE/MOVIMENTO/FINALITA’ è scarsa o errata. Quante volte i pazienti si sentono perfino colpevoli di “non aver fatto bene quanto richiesto”. Parlando delle richieste, penso che i terapisti parlano troppo durante le sedute, danno molti comandi verbali per delle finalità /azioni e spesso sarebbe meglio dare delle guide, delle immagini attingendo anche a dei ricordi o vedendo una azione per immagine (cellule nervose specchio).
Spiegando per filo e per segno come fare per decollare con un elicottero, nessuno riuscirebbe a farlo decollare, ci vuole pratica, esperienza e guida per riuscirci, la stessa cosa che richiede anche una riabilitazione corretta.
Elisabeth Muller Veronese